Dal T- DoR alle buone prassi di intervento psicologico: ricordare il passato, migliorare il futuro

dott.ssa S. Salvaneschi

Scrivo questo articolo sulla spinta di due motivi fondamentalmente: il primo e più evidente, è il ricorrere del T-DoR lo scorso 20 novembre, il secondo è legato al desiderio di approfondire per quanto qui possibile, il tema dell’intervento psicologico e psicoterapeutico con le persone T che non avevo incluso nel mio ultimo articolo (1).  Vorrei però procedere con ordine e fornire prima alcuni cenni rispetto alla ricorrenza succitata per poi passare agli aspetti che più si riferiscono alla psicologia e la psicoterapia con persone T.

 

Il Transgender day of remembrance, T-DoR appunto, è una celebrazione commemorativa che si tiene il 20 novembre di ogni anno in ricordo delle vittime della transfobia. La sua nascita si deve all’iniziativa di Gwendoline Ann Smith attivista transgender che se ne fece promotrice dal 1999,  per ricordare la morte di Rita Hester uccisa brutalmente nel 1998: vittima della violenza di chi non accettava un diverso modo di viversi, fu colpita una seconda volta da familiari e amici che ne negarono l’identità femminile.

Sulla traccia di questi eventi,  è nato nel 2009 The Trans Murder Monitoring  project (TMM) (2) che ogni anno rileva e rivela il numero di omicidi di persone transgender e di quelle con una identità sessuale non binaria (che sfuggono cioè alla definizione dicotomica maschile/femminile) che vengono compiuti nel mondo: dall’inizio del 2008 al 30 settembre 2016 gli omicidi sono stati 2264, la maggior parte dei quali nei paesi del Sud America. La situazione nel nostro Paese poi, è allarmante: sempre secondo il TMM, gli omicidi di persone transgender compiuti negli ultimi otto anni sono trenta (di cui cinque solo nell’ultimo anno): un numero elevato se si considera che secondo i dati raccolti, in Italia i transessuali sono circa cinquantamila (3).

Il T-DoR è nato quindi con l’intento di non dimenticare le persone vittime dell’odio e della discriminazione transfobica e per restituire la dignità usurpata alle vittime, ma anche per dare visibilità a tutti coloro che vivono la realtà transgender o transessuale e che con lo stigma sociale devono confrontarsi ogni giorno.

E arrivo qui al secondo motivo per cui scrivo questo articolo, quello più legato alla professione di psicologo/psicoterapeuta e alla mia intenzione di dedicare uno spazio “altro” alle terapie con persone transgender e transessuali, perché penso che ci siano delle differenze legate ad una maggior complessità nella realtà sia interna che esterna di queste persone.

Fatta questa premessa, mi sembra opportuno fornire quindi un chiarimento circa i termini transessuale e transgender (che molti ancora confondono facendone un uso inappropriato, un po come succede con i termini outing e coming out): transgender,  è chi si percepisce come appartenente ad un genere opposto rispetto al proprio sesso biologico o ad un genere non corrispondente alla distinzione binaria uomo-donna. Transessuale, che rientra nella più ampia accezione di transgender,  è quella persona che oltre a percepirsi come appartenente ad un genere diverso rispetto a quello convenzionalmente riferito al proprio sesso biologico, procede anche alla riassegnazione del sesso biologico per via chirurgica (4).

Questa prima differenziazione, rende evidente il fatto che, mentre per le persone LGB ci si riferisce a quella dimensione dell’identità sessuale che definiamo come orientamento sessuale, il transgenderismo e il transessualismo si riferiscono ad un aspetto differente dell’identità sessuale, ovvero quello dell’identità di genere, quindi all’identificazione primaria di un soggetto come maschio o come femmina. Questo significa che la persona T spesso non riconosce le proprie caratteristiche emotivo- affettive come appartenenti al genere biologico di nascita. E’ come se si producesse uno scollamento tra ciò che si sente dentro di sé, da ciò che si vede di sé attraverso l’immagine del proprio corpo.

Penso che come professionisti abbiamo il compito di tenere in considerazione queste differenze, non perché si intendano effettuare delle discriminazioni in negativo, ma per evitare generalizzazioni inopportune in corso di richiesta di aiuto da parte della persona T.  Come potrebbe il professionista della salute mentale non tenere conto che non si trova solo di fronte alla difficoltà della persona, per esempio, di riconoscersi come lesbica, gay, bisessuale o transgender, ma anche a quella di annunciare che intende cambiare sesso di appartenenza? Come si può non tenere in conto che la riassegnazione del sesso biologico per via chirurgica comporta anche iter burocratici lunghi e faticosi e che, una volta effettuato l’intervento, la persona si troverà a confrontarsi con la realtà esterna con una differente identità sessuale?

Per questi motivi, la stessa APA (American Psychological Association) ha riconosciuto l’esigenza di approntare delle linee guida per la terapia con persone transgender (nel dicembre 2015), che per ora rimangono a disposizione unicamente dei professionisti della salute mentale, così come alcune Istituzioni che si occupano della presa in carico di coloro che vogliono effettuare la transizione (5), hanno adottato specifici protocolli di intervento che tengono in considerazione le buone prassi per garantire il necessario supporto psicologico in tutte le fasi del processo, come gli Standards of Care promossi dalla WPATH (World Professional Association for Transgender Health (6).

Concludendo, penso che ogni intervento terapeutico sia unico e irripetibile esattamente come lo sono le persone (lesbiche, gay, trangender, transessuali ma anche eterosessuali e di ogni razza, cultura o religione) e che per questo occorra essere formati tenendo anche conto delle specificità di ogni ambito di cui ci si va ad occupare.


Note al testo:

Nota 1: l’articolo a cui mi riferisco è pubblicato e visionabile su questo blog al link https://www.bussolelgbt.it/2016/10/14/linee-guida-per-pazienti-lgb-ne-abbiamo-bisogno/

Nota 2: Al seguente link potrete trovare le ricerche per esteso http://tgeu.org/tmm/

Nota 3: La mappa degli omicidi causati dalla trans fobia è consultabile al link http://transrespect.org/wp-content/uploads/2016/11/TvT_TMM_TDoR2016_2008-2016_Map_EN.pdf

Nota 4: quando ci si riferisce alle persone transgender e transessuali il sostantivo va accordato con il genere di approdo e mai con quello di partenza, a prescindere o meno dalla riassegnazione chirurgica del sesso

Nota 5: per transizione si intende il percorso che conduce il soggetto attraverso l’iter necessario per la rassegnazione del sesso biologico

Nota 6: il WPATH, precedentemente “Harry Benjamin International Gender Dysphoria Association”, un’associazione internazionale che da anni mira a promuovere, per la salute delle persone transgender, assistenza e cure basate sull’evidenza medica, la formazione, la ricerca, l’avvocatura, l’ordine pubblico ed il rispetto. Il WPATH promuove il più alto livello di standard di cure individuali attraverso gli Standard di Cura (SOC) per la salute delle persone transessuali, transgender e  gender noncon- forming,  I SOC si fondano sulle ricerche scientifiche più aggiornate e sul consenso di professionisti esperti. Per la pubblicazione completa: https://s3.amazonaws.com/amo_hub_content/Association140/files/SoC7_ita_corretto_131125.pdf

 

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