Lo Sportello Famiglia di Regione Lombardia: che “gender” di servizio è?

dott. C. Baggini

Come molti lettori sapranno, a partire dal 12 settembre 2016 – in concomitanza con la ripresa delle lezioni scolastiche – è attivo in Regione Lombardia lo “Sportello Famiglia”, ribattezzato fin da subito dalla stampa e dagli stessi assessori promotori dell’iniziativa “sportello anti-gender nelle scuole”. In che cosa consiste questo servizio statale e come funziona?

Con la deliberazione n. X/5251 del 31/05/2016 (1) Regione Lombardia ha stabilito “l’attivazione in via sperimentale dello sportello famiglia“; citando il documento regionale, l’intento è il seguente:
promuovere la sperimentazione di un servizio a sportello rivolto a famiglie con minori che si trovino in situazioni di difficoltà legate alla crescita e allo sviluppo dell’identità, con particolare attenzione alle relazioni con i coetanei e con le strutture didattiche, educative e culturali, al fine di garantire un corretto rapporto tra famiglie con minori ed istituzioni nonché la conoscenza da parte delle famiglie dei propri diritti nei confronti della Pubblica Amministrazione“.
La funzione di tale sportello è quindi quella di un “primo ascolto del bisogno espresso dalle famiglie utenti, nonché l’orientamento verso i servizi del territorio più appropriati, erogati da soggetti pubblici o privati no profit, in grado di offrire un sostegno multidisciplinare alla famiglia, con particolare attenzione agli aspetti sociali, psicologici e legali“. Gli oneri riportati per questa sperimentazione di 12 mesi ammontano a 30.000 euro, di cui 20.000 euro per l’attivazione dello sportello e 10.000 euro quale contributo qualora lo sportello effettui un numero di colloqui superiore a 1.000.
Le modalità di accesso a questo servizio – sebbene non siano molto chiare – sono telefoniche o telematiche. Gli utenti possono chiamare il numero 800.318.318 – si noti che non è un numero dedicato, ma è il call center generico della Regione – o scrivere a sportellofamiglia@regione.lombardia.it. La segnalazione verrà presa in carico e, successivamente, si verrà ricontattati da un operatore dedicato. Sentite le necessità dell’utente, gli addetti dello sportello potranno eventualmente avvalersi di altre figure quali insegnanti, dirigenti, pedagogisti, psicologi, giuristi e medici ed indirizzare al servizio territoriale più appropriato.

Il servizio, per come viene proposto sulla carta, sembra essere un valido strumento a supporto della crescita e dell’educazione dei minori inseriti in un percorso scolastico nonché delle famiglie che spesso si trovano in difficoltà di fronte ad una realtà così complessa. Risponderebbe, come riferisce in un’intervista pubblicata da “Repubblica.it” (2) lo stesso On. Massimiliano Romeo – Capogruppo Lega Nord di Regione Lombardia – anche ai fenomeni di bullismo e di discriminazione in generale all’interno degli istituti italiani. Questa affermazione lascia intendere che anche i ben noti fenomeni di omobullismo e di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere rientrino nel campo di intervento di questo sportello. Un intento davvero molto nobile e progressista per la nostra Regione: una nuova forma di tutela inclusiva a favore di tutti gli studenti e di tutte le famiglie – qualsiasi famiglia – che si confrontano quotidianamente con il mondo della scuola.

Ovviamente non è tutto oro ciò che luccica, ed iniziano le contraddizioni. Nella stessa intervista sopra menzionata, l’On. Romeo afferma anche che: “vogliamo istituire un numero verde per far sì che i cittadini, docenti, studenti possano segnalare alla Regione laddove in alcune scuole avvengano insegnamenti contro il valore della famiglia“, facendo riferimento a casi in cui, già nelle scuole materne, siano stati letti libri sul concetto di “identità fluida”, i quali, secondo lo stesso On. Romeo, riporterebbero che “uno una mattina si sveglia e si sente uomo/maschio, la mattina dopo si sente femmina e quant’altro“. Sempre sul tema dello sportello famiglia, l’Assessore alle Culture, Identità e Autonomie Cristina Cappellini – una delle promotrici dell’iniziativa – afferma che il servizio “costituirà anche un valido strumento di contrasto all’ideologia gender“. L’intento implicito (ma neanche più di tanto) di questo servizio pubblico sembra essere quello di monitorare ed intervenire su tutte quelle iniziative dedicate ai temi dell’omosessualità e del “genere” nelle scuole italiane. La Cappellini continua dicendo: “viste le ambiguità che permangono in merito alle linee guida del Miur sull’applicazione dell’articolo 1 comma 16 della legge cosiddetta ‘Buona scuola’ (3), finalizzate all’attivazione di percorsi educativi di lotta alla ‘discriminazione per orientamento di genere’, ritengo sia molto positivo avere già a disposizione un servizio ad hoc volto al sostegno delle famiglie con minori e alla tutela della loro crescita educativa e culturale“. Non è questa la sede per discutere circa l’uso improprio della parola “genere”, ma mi limito a dire che nel sopracitato articolo 1 tale parola viene utilizzata, in maniera corretta, per indicare le politiche di prevenzone della violenza sulle donne. Per approfondimenti si rimanda nuovamente alla nota 3.

Torniamo, dopo questa breve divagazione, allo Sportello famiglia: le perplessità in merito aumentano se si considerano gli enti cui è stata affidata la realizzazione del progetto. Da una nota di Regione Lombardia (4) si legge che per la gestione del servizio è stata selezionata, tramite manifestazione d’interesse pubblica, AGE – Associazione Italiana Genitori (sezione di Milano Provincia) in collaborazione con Diesse Lombardia, associazione di insegnanti, dirigenti e personale della scuola. In merito agli intenti di queste due realtà associative, verrebbe da domandarsi se l’obiettività e la laicità di questo servizio possano essere fattivamente garantite.
Sul sito ufficiale di AGE (5) si legge che l’associazione raggruppa “genitori che, ispirandosi ai valori della Costituzione italiana, alle Dichiarazioni internazionali dei Diritti dell’Uomo e del Fanciullo e all’etica cristiana, intendono partecipare alla vita scolastica e sociale per fare della famiglia un soggetto politico“. AGE risulta essere tra i promotori di iniziative quali il Family Day e la petizione “No al gender in classe”.
L’associazione Diesse, invece, ha promosso una serie di incontri “informativi” circa la “questione gender” e ha redatto un volume dal titolo “Uomo-Donna o GLBTQ? – L’ideologia gender e le sue implicazioni culturali e educative per la famiglia e nella scuola” (6).

Appare quindi chiaro che il vero intento con cui questo sportello è stato creato è quello di alimentare la paura nei confronti dell’inesistente “teoria gender” e, sulla base di questo, controllare tutti i progetti attivati nelle scuole per promuovere un ruolo paritario del genere femminile (e a questo proposito è corretto utilizzare il termine genere!) e contribuire a informare correttamente le nuove generazioni circa le differenze sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. Viste queste premesse, ci chiediamo quindi in che modo un servizio pubblico quale lo “Sportello famiglia”, promosso da un rispettabile organo statale quale è Regione Lombardia, possa gestire quei sopracitati casi di omobullismo e omofobia…
Ci sarebbe piaciuto informarci ulteriormente sul funzionamento e sulle attività dello sportello, ma allo stato attuale le informazioni sono frammentarie: il sito ufficiale www.sportellofamiglia.org, alla data odierna, figura ancora in costruzione. Attendiamo quindi con grande curiosità il momento in cui si potrà leggere dai diretti interessati le finalità, le modalità di gestione delle casistiche e, perché no, dei dati preliminari sulle segnalazioni pervenute e sugli interventi adottati nei primi mesi di attività.


Note al testo:

  1. La Deliberazione Regionale è visualizzabile online a questo indirizzo.
  2. L’articolo del 22/07/2016 tratto da milano.repubblica.it a cui ci si riferisce, dal titolo “Lombardia, ritorno a scuola con il telefono anti-gender: rispondono gli ultrà del Family Day”, è consultabile a questo link.
  3. Per la precisione, l’articolo 1 comma 16 della legge “Buona scuola” n. 107 del 13/07/2015 (consultabile per intero a questo link) recita così: “Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge del 14 agosto 2013, n. 93 […]“. Queste tematiche, si legge nel DL (consultabile in versione integrale a questo link), sono di seguito elencate. “Il Piano persegue le seguenti finalità: a) prevenire il fenomeno della violenza contro le donneattraverso l’informazione e la sensibilizzazione della collettivita’,rafforzando la consapevolezza degli uomini e ragazzi nel processo dieliminazione della violenza contro le donne; b) promuovere l’educazione alla relazione e contro la violenza ela discriminazione di genere nell’ambito dei programmi scolasticidelle scuole di ogni ordine e grado, al fine di sensibilizzare,informare, formare gli studenti e prevenire la violenza nei confrontidelle donne e la discriminazione di genere, anche attraversoun’adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo; c) potenziare le forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso il rafforzamento dellarete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizidi assistenza alle donne vittime di violenza; d) garantire la formazione di tutte le professionalita’ che entrano in contatto con la violenza di genere e lo stalking; e) accrescere la protezione delle vittime attraverso un rafforzamento della collaborazione tra tutte le istituzionicoinvolte; f) prevedere una raccolta strutturata dei dati del fenomeno,anche attraverso il coordinamento delle banche dati già esistenti; g) prevedere specifiche azioni positive che tengano anche contodelle competenze delle Amministrazioni impegnate nella prevenzione,nel contrasto e nel sostegno delle vittime di violenza di genere e distalking; h) definire un sistema strutturato di governance tra tutti ilivelli di governo, che si basi anche sulle diverse esperienze esulle buone pratiche già realizzate nelle reti locali e sul territorio. Ancora una volta la parola “genere” viene strumentalizzata ed utilizzata a proprio piacimento: appare chiaro che tali tematiche non hanno molto a che vedere con le “discriminazioni per orientamento di genere” cui fa riferimento l’Assessore Cappellini, ma piuttosto si riferiscono alle discriminazioni e alla violenza contro le donne. Come chiarisce lo stesso Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) nel comunicato stampa n. 1972 del 15/09/2015 (consultabile per intero cliccando qui): “La finalità del suddetto articolo non è, dunque, quella di promuovere pensieri o azioni ispirati ad ideologie di qualsivoglia natura, bensì quella di trasmettere la conoscenza e la consapevolezza riguardo i diritti e i doveri della persona costituzionalmente garantiti, anche per raggiungere e maturare le competenze chiave di Cittadinanza, nazionale, europea e internazionale, entro le quali rientrano la promozione dell’autodeterminazione consapevole e del rispetto della persona, così come stabilito pure dalla Strategia di Lisbona 2000. […] Si ribadisce, quindi, che tra i diritti e i doveri e tra le conoscenze da trasmettere non rientrano in nessun modo né ‘ideologie gender’ né l’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo. […] Infatti il Decreto legge del 14 agosto 2013 (convertito nella legge n. 193/2013), a cui si fa riferimento nel comma 16 della ‘Buona Scuola’, enuncia le finalità del ‘Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere’ che anche la Scuola è chiamata a perseguire.
  4. La nota cui si fa riferimento è consultabile a questo indirizzo.
  5. Il sito ufficiale di AGE – Associazione Italiana Genitori è visionabile a questo link.
  6. Il sito ufficiale di Diesse Lombardia è raggiungibile a questo link. Un’introduzione al libro “Uomo-Donna o GLBTQ? – L’ideologia gender e le sue implicazioni culturali e educative per la famiglia e nella scuola” è disponibile a questo indirizzo.

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